222222 Saddest Music in the World is a project conceived in October 2009 as a consequence of a massive land expropriation imposed by the state (Lombardy region) to the land owners and land inhabitants.
The expropriation is a long and painful bureaucratic process that not just takes away forever the natural home of plants animals and humans but also modifies and destroys in a irreversible way the native landscape with all its particular and unique geological aspects. In this transitory environment a group of artists realized a specific project as a manifestation of dissent, as a reaction to an unwanted situation. All the gestures are a “mise en scene” of the relation between man and his environment, the natural and the artificial merge into a series of visions. Each art practice generates ideas and dreams, raises new possibilities for confrontation and the understanding of humans.

THE SADDEST MUSIC IN THE WORLD e' un luogo temporaneo fatto di ambienti suburbani e situazioni relazionali periferiche. Uno spazio ibrido dove il mix di pratiche epressive si inserisce nei luoghi della devastante politica del territorio.

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Un nuovo spirito del tempo


Che razza di mondo festeggerà il millesimo
anniversario della Magna Carta,
il documento sui diritti dei cittadini
d’Inghilterra che re Giovanni Senza
Terra dovette firmare nel 1215? Dipenderà
da ciò che facciamo oggi. E le
prospettive non sono buone. La prima edizione critica
della Magna Carta fu pubblicata nel 1759 dal giurista
inglese William Blackstone, la cui opera costituì la fonte
del diritto costituzionale degli Stati
Uniti d’America. Si intitolava The Great
Charter and the Charter of the Forest, La
Magna Carta e la Carta della Foresta.
Entrambi i documenti hanno ancora
oggi grande rilevanza. Il primo, cioè la
carta della libertà, è la pietra miliare dei
diritti fondamentali dei popoli di lingua
inglese, cioè – nella de!nizione di Winston
Churchill – “la carta di ogni uomo
che si rispetti in ogni paese e in ogni tempo”.
Nel 1679 la Magna Carta venne integrata
dalla legge sull’habeas corpus, la
“legge per meglio garantire la libertà del suddito e per
prevenire l’incarcerazione oltremare”. La sua versione
moderna, più aspra, è la rendition, cioè il rapimento a
!ni di tortura praticato in questi anni dal governo degli
Stati Uniti.
Anche il principio fondamentale della “presunzione
di innocenza” ha ricevuto recentemente un’interpretazione
originale. Nei calcoli e"ettuati per redigere
la kill list di terroristi voluta dal presidente Barack Obama,
“tutti i maschi da servizio militare presenti in una
zona di attacco” sono conteggiati come combattenti
“a meno che informazioni esplicite non dimostrino in
via postuma la loro innocenza”. Oggi per salvaguardare
il sacro principio basta questa dimostrazione d’innocenza
postuma. Ecco il migliore esempio dello
smantellamento della “carta di ogni uomo che si rispetti”.
L’altro documento, la Carta della Foresta, è forse
oggi ancora più importante. La Carta invocava la protezione
dei commons, o beni comuni, da ogni potere
esterno. I commons erano la fonte di sostentamento
della popolazione, il suo combustibile, il suo cibo, il
suo materiale da costruzione. Ma la foresta non era un
deserto: era coltivata e curata in comune; le sue ricchezze
erano a disposizione di tutti e venivano tutelate
per le generazioni future. Ma nel diciassettesimo secolo
la Carta della Foresta era ormai caduta vittima
dell’economia mercantile. Non più protetti per un uso
cooperativo, i beni comuni furono limitati a ciò che
non poteva essere privatizzato, e questa de!nizione si
restringe ogni giorno sotto i nostri occhi. Il mese scorso
la Banca mondiale ha stabilito che la multinazionale
mineraria Paci!c Rim può portare avanti il suo procedimento
contro il Salvador che ha tentato di difendere
terre e comunità dall’attività estrattiva dell’oro,
che è molto distruttiva. La tutela dell’ambiente impedirebbe
alla multinazionale di realizzare pro!tti in futuro,
e questo è un crimine contro i diritti dell’investitore,
erroneamente chiamati “libero mercato”. Questo
è solo un esempio delle lotte in corso in
gran parte del mondo.
Elinor Ostrom aveva vinto il Nobel
per l’economia nel 2009 con la sua opera
in cui ha dimostrato la superiorità dei
beni comuni gestiti dai loro utenti. Ma lo
smantellamento della Carta della Foresta
e dell’idea di bene comune è stato
accompagnato in questi secoli dall’idea
che gli esseri umani siano ciecamente
animati da ciò che all’alba della rivoluzione
industriale i lavoratori statunitensi
chiamavano “il nuovo spirito del tempo,
conquistare ricchezze dimenticando tutto salvo se
stessi”. Da allora sono stati fatti sforzi enormi per instillare
quel nuovo spirito del tempo. Ci sono interi
settori del marketing dediti a quella che Thorstein Veblen,
il grande studioso di economia politica, chiamava
“induzione di bisogni”: indirizzare le persone verso
le “cose super!ciali” della vita. In tal modo le persone
sono spinte a ricercare solo il vantaggio personale, e
distolte dal pericoloso tentativo di pensare con la loro
testa, agire insieme e s!dare l’autorità.
Alla testa del movimento per a"rontare la crisi ambientale
globale e la distruzione dei beni comuni sono,
in tutto il mondo, le comunità indigene. La posizione
più forte è quella assunta dall’unico paese in cui sono
al governo, la Bolivia, la nazione più povera del Sudamerica
e vittima da secoli della distruzione delle sue
ricche risorse da parte dell’occidente.
Dopo il vergognoso fallimento del vertice di Copenaghen
del 2009 sui cambiamenti climatici globali, la
Bolivia ha organizzato un vertice dei popoli al quale
hanno partecipato 35mila persone provenienti da 140
paesi. La conferenza ha chiesto una drastica riduzione
delle emissioni e una Dichiarazione universale dei diritti
della Madre Terra. È una richiesta cruciale delle
comunità indigene di tutto il mondo, che è stata messa
in ridicolo dai ra#nati occidentali.
Eppure se non riusciremo a fare nostra almeno in
parte la sensibilità delle comunità indigene, è probabile
che saranno loro a ridere per ultime. E sarà una risata
di cupa disperazione.
Noam Chomsky 
"Un nuovo spirito del tempo"
L'internazionale Luglio 2012

222222 THE SADDEST MUSIC IN THE WORLD

e' un progetto a cura di Serena Porrati e Francesca Tollardo
per ulterioni informazioni manda una mail a serena.porrati@gmail.com
francesca.sky@libero.it